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Le 10 maglie più belle delle finaliste mondiali

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Wikipedia - dominio pubblico

Non solo hanno il pregio di essere memorabili per aver fatto breccia nei cuori dei tifosi di un Paese intero, avendo accompagnato le gesta dei propri campioni fino alle finalissime della Coppa del Mondo, ma anche per aver trovato un posto nella storia e negli armadi di milioni di collezionisti su tutto il globo terracqueo.

Subito dopo l’esito delle semifinali che hanno portato l’Argentina a sfidare la Francia, abbiamo deciso di stilare la nostra personalissima graduatoria delle divise di quelle nazionali che sono arrivate fino in fondo al torneo – non necessariamente vincendoli – vestite con combinazioni di colori e geometrie che vanno oltre il tempo, giungendo fino a noi.

L’avvento dei materiali tecnici ha iniziato a diffondersi sempre di più dalla metà degli anni ’70. Il calcio va verso una nuova epoca e i primi, pioneristici esperimenti si vedono durante il Mondiale del 1974 disputato in Germania Ovest. È storico il caso dell’Olanda, il cui fornitore tecnico (Adidas) si vide “costretto” a confezionare una maglia ad hoc per Johan Cruijff: il 14 degli Oranje, testimonial della Puma (acerrima rivale del marchio a tre strisce) indossò una divisa con sole due stripes. Una soluzione unica per un campione unico.

Tuttavia, è con il Mondiale in Argentina che iniziano a vedersi i primi, veri esperimenti ed è per questo che abbiamo cercato di mettere in ordine quelle maglie che hanno segnato un’epoca, il cui ricordo ci giunge meravigliosamente nitido fino ad oggi.

10. Croazia 2018

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Quella dei Kockasti è una maglia doppiamente storica, visto che celebra la prima finalissima mondiale disputata dalla nazionale dalmata. Dopo quella della Lotto sfoggiata nel 1998 con i celebri scacchi disposti a mo’ di bandiera al vento, per la kermesse disputata in Russia i croati si affidano alle cure della Nike che propone una maglia elegante e iconica allo stesso tempo. Infatti, il numero non fa comparsa al centro del petto come in precedenza, ma viene incastrato all’altezza del petto sotto lo swoosh blu della casa americana. Il risultato è quanto mai felice: i campioni della Croazia, guidati da un Luka Modric in forma stellare, brillano assieme alla loro maglia e trascinati dal proprio popolo fino alla finalissima di Mosca dove chinano la testa – ma non senza lottare – allo strapotere francese.


9. Olanda 1978 (portiere)

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Seppur nella sua semplicità, la maglia gialla confezionata dalla Adidas per i portieri che si apprestavano ad affrontare l’avventura mondiale verso l’Argentina, è passata alla storia più per il soggetto che la indossava. Infatti, era la maglia di Jan Jongbloed e del suo iconico numero 8 fra i pali. Per essere precisi, non era affatto una rarità vedere durante i Mondiali dei calciatori con un numero “bislacco”: basti citare la mitica numero 1 di Osvaldo Ardiles durante quella stessa manifestazione. Ciononostante, nonostante fosse relegato a giocare fra i pali, non era raro vedere il tabaccaio di Rinus Michels (era semi-professionista quando fu convocato per la prima volta per i Mondiali del 1974) vestito di giallo e muoversi come un difensore aggiunto ed incarnando appieno la filosofia del Totaalvoetbal del suo maestro. Più iconico di così.


8. Brasile 1994

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Lo stemma della Seleção si staglia, tono su tono, sulla maglia verdeoro. Quasi a ricordare la tradizione che vede quella Nazionale fare la storia del calcio negli anni e che da troppo tempo, ormai 24 anni, non sale sul gradino più alto del podio. Per fortuna del popolo brasiliano, quell’anno in panchina c’è un allenatore d’esperienza come Carlos Alberto Parreira, il quale riesce a creare un gruppo dal potenziale unico e irripetibile: in attacco, infatti, ci sono due schegge impazzite come Romario e Bebeto che creano puntualmente scompiglio nelle difese avversarie, mentre fra i pali c’è Claudio André Taffarel uno dei portieri più forti nella storia del Brasile. A guidarli in campo, invece, la carica di Dunga per gettare il cuore oltre l’ostacolo. Ed è così che la storica maglia verdeoro confezionata dalla Umbro diventa quella più osannata dai sudamericani: la maglia che ricorda il segno di cesura con il passato e porta il Brasile ad alzare la quarta Coppa del Mondo della sua storia.


7. Brasile 1998

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Sono passati soltanto quattro anni dall’ultimo Mondiale, ma nel frattempo il gioco del calcio è cambiato radicalmente grazie alla parola (e ai piedi) di un sacerdote dalla tecnica sopraffina e dalla velocità supersonica. È nato in quartiere di Rio de Janeiro e non ha neanche 22 anni, ma per tutti è già O Fenômeno. E per la gioia del suo popolo veste la maglia verdeoro che la Nike ha concepito per i Mondiali di Francia ’98. Nella sua semplicità e nella sua regolarità, la divisa dei Verdeoro veste una generazione dal tasso tecnico così alto che sembra far impallidire le spedizioni passate: infatti nella stessa squadra ci sono Roberto Carlos, Ronaldo, Cafu, Rivaldo, Emerson e Aldair. In molti pensano che, così come accadde nel 1958 e nel 1962, la Selecao abbia tutte le carte in regola per fare il filotto, ma i padroni di casa della Francia (trascinati da un meraviglioso Zinedine Zidane) s’impongono per 3-0 nella finale di Saint-Denis. Tuttavia, è impossibile dimenticare quella divisa.


6. Argentina 1990 (portiere)

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Quella fantasia geometrica concepita dall’Adidas rimarrà – ahinoi – indelebile nei nostri ricordi. Non foss’altro perché la indossava in quella calda serata napoletana del 1990 il portiere dell’Argentina, Sergio Goycochea, che da perfetto sconosciuto divenne l’eroe della cavalcata albiceleste verso la finale di Roma. Infatti, l’allora estremo difensore della squadra colombiana dei Millonarios venne convocato come dodicesimo del titolarissimo Nery Alberto Pumpido. L’ex campione del mondo, però, non attraversò un periodo particolarmente felice in quei mesi: dopo aver corso il rischio di perdere un dito durante un allenamento, si ruppe tibia e perone in occasione del match contro l’Unione Sovietica. Fu così che salì agli onori della cronaca il suo vice che durante la fase ad eliminazione diretta divenne un vero e proprio eroe, trascinando alla vittoria la sua Argentina ai calci di rigore prima contro la Jugoslavia e poi contro l’Italia. Tuttavia, non riuscì a respingere il tentativo dal dischetto di Andreas Brehme durante la finalissima di Roma. Ciononostante, il suo urlo al cielo vestito con la sua divisa multicolore resta una delle immagini più celebri del Mondiale di Italia ’90.


5. Francia 1998

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Per i Mondiali che celebrano la grandeur francese, sia in termini organizzativi che di risultati sportivi, la Francia sfoggia una delle sue divise più iconiche di sempre. E anche con una discreta dose di scaramanzia. Infatti, dopo aver fatto fiasco negli ultimi otto anni, mancando due qualificazioni consecutive, la Francia si presenta ai nastri di partenza della kermesse proponendo una rivisitazione della divisa sfoggiata in occasione degli Europei del 1984: maglia blu con una fantasia geometrica sul petto, dove ad una barra rossa sul petto si succedono delle sottili righe bianche orizzontali. Anche all’epoca la manifestazione fu organizzata e vinta dai Bleus e così come allora il fornitore tecnico è Adidas. Tuttavia, seppur Michel Platini non sia più in campo, la sua numero 10 è sulle forti spalle di Zinedine Zidane, il primo in grado di offuscare il suo mito dopo anni di nulla cosmico. L’obiettivo viene centrato dai ragazzi di Aimé Jacquet, strapazzando in finale il Brasile per 3-0 e presentandosi sotto gli occhi di sua maestà Le Roi con la coppa tanto agognata fra le mani.


4. Italia 1982

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Le casacche sono in maglina, anche se in Spagna c’è un sole di rame per tutta la durata dei Mondiali del 1982. Ma è questo il massimo che si può fare, con buona pace dei calciatori che, comunque, dovranno sudare più del dovuto per arrivare alla fine del torneo. Da tre anni, ormai, è l’azienda francese Le Coq Sportif a produrre le maglie della Nazionale e tutti la ricorderanno per la semplicità del design e per il motivo tricolore presente sul colletto e a bordo manica. È inutile ribadire quanto questa maglia sia stata celebre ed abbia fatto sognare ragazzi di diverse generazioni. Le reti di Paolo Rossi e l’urlo di Marco Tardelli in quel di Madrid l’hanno resa eterna e la sua unicità ne fa di diritto un’icona nell’immaginario calcistico di ogni tempo.


3. Argentina 1986

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Così come per l’Italia quattro anni prima, è ancora l’azienda transalpina a vestire i campioni del Mondo. Questa volta tocca dare una veste al Dio del Calcio e, sinceramente, non è una cosa semplice. È il Mondiale durante il quale fanno il loro debutto ufficiale i primi materiali sintetici come l’acetato e la maglia dell’Argentina di quell’anno diventa una seconda pelle per il popolo albiceleste trascinato sulla cima del mondo da Diego Armando Maradona. Sebbene quella indossata contro la Germania Ovest sia quella classica, è impossibile non citare l’episodio precedente alla partita con l’Inghilterra. Infatti, il commissario tecnico dell’Argentina, Carlos Bilardo, aveva esplicitamente chiesto allo sponsor una maglia più leggera per affrontare le altitudini delle città messicane e il caldo estivo. Tuttavia fu dotata di questa tecnologia soltanto la prima maglia, non la seconda (tutta azzurra) che la Seleccion avrebbe dovuto indossare contro gli inglesi. Fu allora che proprio il tecnico acquistò delle maglie-stock da un negozio di Città del Messico, strappando lo scudetto dell’Argentina dalle maglie e apponendo gli iconici numeri argentati sulla schiena. Quelli bianchi, infatti, erano finiti. Chi l’avrebbe mai detto che questa maglia avrebbe fatto la storia.


2. Germania Ovest 1990

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Il rapporto della Deutsche Fussball-Bund con l’Adidas è forse il sodalizio più duraturo che la storia sportiva ricordi. È con il fiore a tre punte sul petto che la Germania Ovest ha alzato al cielo la sua seconda Coppa del Mondo tra le mani di Franz Beckenbauer ed è con l’innovativo, futuristico disegno a tre linee spezzate che la Mannschaft si presenta ai Mondiali di Italia ’90. Non è una novità assoluta, è vero: questo disegno campeggia sul petto dei teutonici sin da Euro ’88, ma la bellezza della maglia e il grande simbolismo che l’accompagna la rende doverosamente unica. È proprio con quei colori nero, giallo e rosso sul petto che la Germania effettua il transito all’epoca moderna, salutando il muro di Berlino crollato solo qualche mese prima ed abbracciando i loro fratelli dell’Est. Poi, ulteriore dettaglio – chiamiamolo dettaglio – è la maglia con cui la terza coppa finisce sulla bacheca della Federcalcio tedesca.


1. Italia 1994

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Forse l’unico che la odierà è Roberto Baggio, avendola indossata nel giorno più brutto della sua vita. Tuttavia, mai nessuno gli farà pesare quel rigore calciato al cielo al Rose Bowl di Pasadena e, anzi, la maglia che la Nazionale ha indossato nei primi anni ’90 rimane certamente legata a dolci ricordi. È forse la casacca più sudata e più sofferta di sempre: l’abbiamo vista soccombere contro l’Irlanda, lottare contro la Norvegia, soffrire contro Messico e Nigeria. Trionfare contro Spagna e Bulgaria. Forse sono proprio queste viscerali sensazioni che la rendono una delle maglie, anzi, la maglia più amata di sempre. Merito dei ragazzi in campo, ma anche della Diadora, capace di dare un look nuovo accattivante e moderno a una divisa che, per lungo tempo, era rimasta ancorata a stili polverosi. D’altronde, siamo negli anni ’90 e nel Paese dello stile. Che diamine. Questo premio le tocca di diritto, no?