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Doping: ciclismo, Caruso positivo all’Epo

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Doping: ciclismo, Caruso positivo all’Epo

Rianalizzato un test fuori competizione del 2012: l’italiano correva già per la Katusha

Un test antidoping fuori competizione risalente al 27 marzo del 2012, per il quale pensava ormai di averla fatta franca, costa carissimo a Giampaolo Caruso: il trentacinquenne siciliano è infatti risultato positivo all’Epo.

La Wada (l’agenzia mondiale antidoping), come noto, ha portato a 10 anni la finestra all’interno della quale è possibile riesaminare i campioni di sangue e di urine con nuovi e più sofisticati test di analisi. Caruso, che corre per la squadra russa della Katusha  dal 2010, è caduto nella rete del controllo effettuato dal laboratorio dell’Uci (la federazione mondiale) a Losanna, parte della strategia della Cadf, la fondazione antidoping (totalmente indipendente dall’Uci) diretta dall’italiana Francesca Rossi, una delle dirigenti internazionali più apprezzate dalla Wada.

L’Uci potrebbe avere commissionato un controllo più approfondito su Caruso per una probabile variazione nel profilo del passaporto biologico del ciclista. Per Caruso, quarto (e miglior italiano) alla Liegi-Bastogne-Liegi del 2014, in azzurro agli ultimi Mondiali di Ponferrada, la probabile squalifica segnerà sicuramente anche la fine della carriera: rischia infatti almeno 2 anni, ma è possibile che la sanzione sarà ancora più alta vista in coinvolgimento in una vicenda legata all’utilizzo di nandrolone nel 2003, quando correva con la spagnola Once di Manolo Saiz. Caruso era l’uomo di fiducia dello scalatore spagnolo Joaquim “Purito” Rodriguez.

Questo secondo caso (Luca Paolini era stato trovato positivo alla cocaina durante l’ultimo Tour de France) costringerà la Katusha, che fa parte dell’Mpcc, il movimento per il ciclismo credibile, a fermare immediatamente la sua attività. La Vuelta di Spagna, al via sabato con la cronosquadre di Marbella, che lo stesso Caruso doveva correre, è quindi decisamente a rischio.