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Dall’Irlanda al Marocco, passando per la Bulgaria: le dieci favole più belle dei Mondiali

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Wikipedia - pubblico dominio

Così bello da non sembrare vero! I Mondiali di calcio donano da sempre storie di squadre e di uomini meravigliose, incredibili. Spesso e volentieri più emozionanti di un film, come solo il gioco più bello del mondo sa fare. Ovviamente, anche l’attuale competizione che si sta svolgendo in Qatar non è da meno ed abbiamo ancora tutti negli occhi i festeggiamenti del Marocco dopo aver eliminato la Spagna ai calci di rigore che consente, così, alla selezione maghrebina di centrare il risultato sportivo più alto della sua storia. Sfogliando l’album dei ricordi, vogliamo rivivere assieme a voi le imprese sportive più belle da Italia ’90 in poi, quelle in cui hanno conquistato la qualificazione ai quarti di finale delle impronosticabili protagoniste. Di quelle che, se ce ne fosse bisogno, ci fanno amare ancor di più questo meraviglioso sport.

1990 – Irlanda Per la prima volta compare nel tabellone finale il nome dell’Eire. A guidarlo c’è Jackie Charlton che, da quando è in panchina, ha affrancato il movimento irlandese da fenomeno locale a vera e propria realtà affermata su scala continentale. Infatti, dopo l’impresa di Euro ’88 quando si è tolta la soddisfazione di battere i ben più blasonati cugini inglesi, l’Irlanda viene inserita nel girone “isolano” Olanda, Egitto e – guarda un po’ – l’Inghilterra. In pochi predirebbero l’accesso al turno successivo e, invece, con tre pareggi in altrettante sfide, gli irlandesi riescono ad accedere agli ottavi di finale. Il calendario mette di fronte l’Irlanda e la Romania il 25 giugno al Luigi Ferraris di Genova. La paura blocca le formazioni in campo e, come spesso è accaduto durante l’edizione nostrana del Mondiale, il match termina con un pareggio a reti bianche. È qui che Pat Bonner, colonna dei Celtic di Glasgow, sale in cattedra, respingendo il rigore decisivo di Daniel Timofte e regalando, così, l’incredibile qualificazione ai quarti di finale. È vero: l’Irlanda non segna, ma non fa neanche segnare. Lo ben sa l’Italia di Azeglio Vicini che soffre per piegare la resistenza dei verdi. Per nostra fortuna c’è Totò Schillaci a farci sognare, ma l’eliminazione non può cancellare la più bella avventura irlandese nella storia dei Mondiali.

1990 – Camerun Les Lions Indoptables danno forma e sostanza al loro soprannome, ritagliandosi un ruolo da insperati protagonisti durante il Mondiale di Italia ’90. Gli africani, infatti, sono alla loro seconda qualificazione assoluta, dopo aver esordito in Spagna nel 1982 ed aver fallito l’obiettivo messicano nel 1986. Tutti individuano nella squadra di Valerij Nepomniachij la vittima sacrificale di un girone di ferro con Argentina, Romania ed Unione Sovietica. E invece, dopo l’inzuccata di François Omam-Biyik nel match che inaugura la manifestazione e manda al tappeto i Campioni del Mondo in carica, gli africani si ripetono battendo anche i rumeni e staccando il biglietto per la qualificazione agli ottavi con un turno d’anticipo. Gli incroci mettono di fronte Higuita e N’Kono, Valderrama e Milla al San Paolo di Napoli. È l’eterno Roger l’uomo-copertina: una sua doppietta nei tempi supplementari estromette i Cafeteros e, nei quarti di finale contro l’Inghilterra, sfiorando l’impresa, facendo soffrire come non mai la Nazionale dei Tre Leoni in un rocambolesco 3-2 che, alla fine, sorride agli albionici.

1994 – Bulgaria Dopo aver estromesso la Francia dal Mondiale americano grazie ad una rete allo scadere di Emil Kostadinov al Parco dei Principi, la Bulgaria si presenta ai nastri di partenza dell’edizione del torneo a stelle e strisce con la consapevolezza di avere a propria disposizione una nazionale di altissimo tasso tecnico ma che, ora, deve provare con i fatti quanto sia effettivamente produttivo tutto questo potenziale. I bulgari vengono così inseriti nel girone con Nigeria, Argentina e Grecia e, nonostante il catastrofico esordio contro le Super Eagles che vede gli africani imporsi per 3-0, la squadra guidata da Dimitar Penev si riscatta con due grandi vittorie contro gli ellenici (4-0) e l’Albiceleste (2-0) che valgono il secondo posto in graduatoria. In vista degli ottavi c’è da superare l’insidioso scoglio del Messico che, infatti, li costringe al pareggio per 1-1 e la sfida si risolve soltanto ai calci di rigore, quando Borislav Mihaylov respinge i tentativi dal dischetto di Marcelino Bernal e Jorge Rodriguez. Il sogno bianco-rosso-verde prosegue e per continuare a volare alto c’è bisogno di superare una corazzata come quella dei campioni in carica della Germania. Il vantaggio iniziale di Lothar Matthäus non scoraggia i bulgari che nel giro di tre minuti fra il 75’ e il 78’ ribaltano il risultato con le marcature di Hristo Stoichkov – la star della squadra – e Yordan Letchkov. Ormai, non sembrano più esserci freni al sogno bulgaro e soltanto un extraterrestre con il codino riesce a bloccare i Luvovete (I Leoni) sul più bello. La finale di consolazione con la Svezia, altra sorpresa del torneo, finisce con il passivo di 4-0, ma ormai la storia è stata fatta. E quel sogno ad occhi aperti non si manifesterà mai più.

2002 – Corea del Sud L’occasione è di quelle da non poter fallire: c’è la prospettiva di ben figurare dinanzi al proprio pubblico in occasione del primo Mondiale asiatico, organizzato in coabitazione con il Giappone. Dopo sei partecipazioni durante le quali le Tigri Asiatiche non sono riuscite a vincere neanche una partita, per la prima edizione del III millennio la panchina viene affidata ad un grande come Guus Hiddink, al quale si chiede di infondere la giusta esperienza a un collettivo di buon livello e imprimere una nuova mentalità vincente. L’esperimento riesce alla grande: vittoria all’esordio contro la Polonia (2-0), poi pareggio con gli Stati Uniti (1-1) e incredibile successo di misura (1-0) contro il più quotato Portogallo che, infatti, viene estromesso prematuramente dal torneo. Il primo posto in graduatoria fa sì che, per gli ottavi di finale, tocchi in sorte una big come l’Italia che ha sofferto non poco nel suo raggruppamento, chiudendo alle spalle del Messico. Inutile tergiversare sull’andamento di quell’incontro che, pur fiaccato dall’impresentabile (eufemismo) Byron Moreno, ha visto i coreani capitalizzare al meglio le azioni costruite per poi esultare al golden gol del perugino Ahn Jung-Hwan. Superato l’ostacolo azzurro, le Tigri superano anche la Spagna, ma questa volta ai calci di rigore (senza dimenticare un gol ingiustamente annullato a Fernando Morientes). Il Paese è in festa quando il 25 giugno gli eroi di casa si giocano l’accesso alla finalissima contro la Germania, ma è Michael Ballack a far tornare tutti a terra con la rete decisiva ad un quarto d’ora dal termine. Si chiude con il quarto posto dopo la sconfitta per 3-2 contro la Turchia nella finalina di consolazione, ma quella del 2002 resterà – volenti o nolenti – un’impresa da manuale.

2002 – Senegal L’esultanza del povero Papa Bouba Diop nel match d’esordio contro la Francia resta una vivida diapositiva nei ricordi di tutti gli appassionati che hanno trascinato il Senegal – al suo primo Mondiale assoluto – verso l’impresa sportiva interrottasi proprio ai quarti di finale contro la Turchia. È il Mondiale delle sorprese, dove tutti i pronostici vengono puntualmente ribaltati. Ne beneficia lo spettacolo, è vero, e si fanno pane quotidiano le imprese umane e sportive di calciatori prima sconosciuti e poi sui titoli dei giornali di mezzo mondo. Assieme al granatiere del centrocampo senegalese, si fanno sempre più familiari i nomi di Khalilou Fadiga ed El-Hadji Diouf che con le loro giocate portano Les Lions de la Teranga sempre più avanti nel torneo. Dopo aver fatto fuori i campioni in carica, il Senegal pareggia con Danimarca (1-1) ed Uruguay (3-3), guadagnandosi il pass per gli ottavi da seconda classificata. Nella fase ad eliminazione diretta si materializza la favola di Henri Camara, autore della doppietta che ribalta il risultato contro la Svezia: la sua seconda rete, fra l’altro, è il golden gol che elimina gli scandinavi. Ormai tutto il mondo si tinge la faccia di verde, giallo e rosso e rimane comunque il sorriso per un’impresa irripetibile anche se la Turchia rende pan per focaccia agli africani nei quarti di finale, estromettendoli con la rete decisiva nei supplementari firmata da Ilhan Mansiz.

2002 – Turchia Così com’è accaduto per la Bulgaria nel 1994, la Turchia che si presenta al Mondiale asiatico del 2002 può avvalersi della sua golden generation al massimo del suo splendore. Al timone c’è un condottiero come Şenol Güneş, il primo allenatore in grado di riportare la selezione nazionale alla fase finale della massima competizione globale dopo un’attesa di 48 anni. Si fa quasi fatica a pensarlo, ma quella di vent’anni fa rimane l’ultima partecipazione della Turchia ed è ancor più incredibile che quella squadra riuscì ad issarsi fino al gradino più basso del podio, estromessa da un’incredibile finale soltanto dal Brasile futuro pentacampeão. Dopo la partecipazione agli Europei, si vede che gli Osmanlilar (Gli Ottomani) possono dire la loro anche in questo torneo. Ed infatti conquistano il secondo posto del girone dietro soltanto al Brasile, con cui perdono nella partita d’esordio, subendo la rimonta verdeoro nel finale di gara. Poi maturano un pareggio con il Costa Rica per 1-1 e la vittoria decisiva con la Cina per 3-0, fondamentali per la qualificazione alla fase ad eliminazione diretta. Hakan Sükür & Co. fanno fuori prima i padroni di casa del Giappone con un gol di Ümit Davala, poi il Senegal con lo stesso risultato e grazie alla rete di Ilhan Mansiz, vera e propria rivelazione del torneo. E quando in semifinale è il Brasile a tornare sui passi dei turchi, il finale sembra essere ancora scritto: e invece la Seleção fatica non poco, piegando la resistenza avversaria soltanto grazie a una rete dell’incontenibile Ronaldo. In occasione della finalina contro la Corea del Sud, c’è comunque tempo per entrare nella storia: all’attaccante del Parma, ex Torino e Inter, Hakan Sukur, simbolo della sua Nazionale, bastano undici battiti di lancetta per entrare nella storia, con la rete più veloce nella storia della competizione.

2006 – Ucraina Rialzarsi dopo un 4-0 subito all’esordio non è cosa semplice. Ma è nel carattere indomito degli ucraini che risiede tutta l’essenza dell’incredibile avventura di Andriy Shevchenko e compagnia durante il Mondiale di Germania 2006. La giovane nazionale è all’esordio assoluto nella fase finale della competizione e hanno nel centravanti del Milan il loro astro più brillante, seppur sia ben scolpito nei loro muscoli e nelle loro teste il DNA del Tenente Valeriy Lobanovskyi che ha cresciuto la pressoché totalità della nuova generazione ucraina. In panchina c’è un suo adepto come Oleg Blochin, autore del miracolo sportivo gialloblu, mentre in campo ci sono i migliori virgulti dell’ultima generazione come, oltre al già citato Sheva, il suo partner d’attacco nella Dinamo Kiev, Serhiy Rebrov, Anatoliy Tymoshchuk a centrocampo ed Olexandr Shovkovskyi in porta. Dopo il poker subito dalla Spagna, l’Ucraina è riuscita a sbarazzarsi di Arabia Saudita (4-0) e Tunisia (1-0) con relativa facilità. In occasione degli ottavi di finale, invece, è stato necessario sudare le proverbiale sette camicie per aver ragione della Svizzera, piegata soltanto ai calci di rigore. L’avventura, purtroppo per gli ucraini, si è interrotta soltanto quando sul loro cammino si è presentata l’Italia di Marcello Lippi che, comunque, ha dovuto faticare per aver ragione dei Synio-Zhovti (I Gialloblu).

2010 – Ghana La traversa del Soccer City Stadium di Johannesburg ancora trema dopo il calcio di rigore di Asamoah Gyan, contro la quale si sono infranti i sogni di una nazione, di un popolo e di un intero continente: vedere una squadra africana tagliare il traguardo della semifinale e giocarsi le chances di disputare una finale. E invece, talvolta, il calcio sa donare amarezza così come dispensa gioie. Tuttavia, l’impresa delle Black Stars rimane nella storia, nonostante la sconfitta ai calci di rigore contro l’Uruguay. Infatti, fino a quel momento, i centrafricani erano riusciti a rompere quell’odioso adagio che per anni ha risuonato nelle orecchie degli appassionati di pallone. E anzi, hanno dimostrato di essere una delle squadre più complete che si siano viste all’opera durante i primi Mondiali nel Continente Nero. Sono mancati soltanto un po’ di fortuna e qualche centimetro per far la storia, ma quella squadra guidata dal serbo giramondo Milovan Rajevac è difficile da dimenticare, specie per la cifra tecnica di quel collettivo. Infatti, ai suoi ordini c’erano giocatori del calibro di Sulley Muntari, Stephen Appiah, André Ayew, lo stesso Asamoah Gyan e un giovanissimo Kevin-Prince Boateng. Nella partita del cuore per il tecnico dei ghanesi contro la Serbia all’esordio il successo è maturato a cinque minuti dal termine, mentre il pareggio con l’Australia (1-1) e la sconfitta con la Germania (1-0) non hanno messo in pericolo la qualificazione. Contro gli Stati Uniti negli ottavi di finale, forse, il Ghana ha disputato la sua partita più bella, mettendo sempre alle corde l’avversario e recuperando alle avversità. Nei quarti di finale, invece, il tiratissimo pareggio contro l’Uruguay, lo scellerato gesto anti-sportivo di Luis Suarez che respinge la palla che sta finendo in rete nel finale di partita e lo stillicidio dei calci di rigore. Tanto rammarico, è vero, ma la consapevolezza di aver fatto qualcosa di davvero indimenticabile rimarrà per sempre.

2014 – Costa Rica Sembrano lontanissimi i tempi in cui Los Ticos, qualificatisi per la prima volta ad un Mondiale in occasione di Italia ’90, scesero in campo con le maglie donate dalla Juventus di Giampiero Boniperti. E noi lo sappiamo bene, soprattutto per aver preso uno degli sganassoni più sonori rimediati nella fase finale di un Mondiale. Infatti, il Costa Rica che prende parte al Mondiale non ha il favore di alcun pronostico dopo esser stato inserito nel girone con Italia, Inghilterra ed Uruguay. È vero, il movimento costaricano ha fatto passi da gigante, portando in Europa uno dei suoi talenti più cristallini di sempre, ossia Bryan Ruiz, ma ce ne vorrà per battere tre big come quelle inserite nel raggruppamento. E invece il calcio è bello proprio perché è sempre possibile sovvertire i pronostici e all’esordio schianta La Celeste per 3-1 dopo esser passato in svantaggio con una rimonta da togliere il fiato nella ripresa; nel turno successivo, invece, si festeggia la qualificazione dopo il successo contro l’imbambolata Italia e lo 0-0 nel match di chiusura consente all’Inghilterra di concludere la spedizione brasiliana almeno con un punto in cascina. In occasione degli ottavi di finale, invece, c’è da superare la Grecia: è sempre Bryan Ruiz l’uomo del match, ma proprio nel finale la rete di Sokratis Papastathopoulos scompiglia i piani dei Ticos che stanno resistendo in dieci da quasi mezz’ora. Per loro fortuna, in porta c’è un fenomeno come Keylor Navas che, dopo aver respinto gli assalti ellenici con parate da urlo, dice di no a Theofanis Gekas per celebrare l’incredibile approdo ai quarti di finale dove se la vedranno con l’Olanda. Tuttavia, le emozioni durano più di 120 minuti anche stavolta e la semifinale è sfiorata soltanto per un’intuizione del santone alla guida degli Oranje: ad un minuto dalla fine, Louis van Gaal inserisce il portiere Tim Krul al posto di Jasper Cillessen, e questi diventa uomo-partita dopo aver respinto i tiri di Bryan Ruiz e Michael Umaña. Gli undici metri danno, gli undici metri tolgono!

2022 – Marocco Nel giorno in cui scriviamo abbiamo ancora nelle orecchie le urla di gioia dei tifosi marocchini che festeggiano un’impresa non solo calcistica, ma anche storica e quasi sociale, avendo avuto ragione di una big come la Spagna di Luis Enrique. Tuttavia, che il Marocco ai nastri di partenza del Mondiale del Qatar avesse qualcosa in più rispetto alle precedenti edizioni lo si poteva desumere sin dalla diramazione delle convocazioni di mister Hoalid Regragui: Achraf Hakimi, Noussair Mazraoui, Hakim Ziyech, Sofyan Amrabat e Youssef En-Nesyri su tutti. Assieme a Yassine Bounou, fresco vincitore del premio Zamora, proprio in Spagna con la maglia del Siviglia. D’altronde che con la Spagna non vi fossero motivazioni semplicemente geografiche per celebrare il passaggio ai quarti di finale lo si desume dal legame fra i due Paesi, con ben cinque elementi dei ventisei convocati nati e cresciuti proprio in Spagna, alla ricerca di un sogno assieme alle loro famiglie. E dopo l’impresa che porta ben impressi i guantoni dell’estremo difensore marocchino, largo ai sogni. Di materiale ce n’è, eccome. Specie dopo un cammino nel girone di qualificazione praticamente perfetto, capace di valorizzare le scelte di un commissario tecnico amato e carismatico come pochi. Dopo l’esordio a reti bianche con la quotatissima Croazia, ecco le vittorie contro Belgio (2-0) e Canada (2-1) che hanno il pregio di porre l’attenzione, almeno questa volta, sui Leoni dell’Atlante, quest’anno ruggenti come non mai.