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Mondiali Qatar 2022, Amnesty International denuncia: “Lavoratori trattati come schiavi”

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Nel rapporto dell’ONG intitolato “Il volto orribile del bel gioco” tutti i soprusi e i maltrattamenti subiti dagli operai arrivati dal terzo mondo con la speranza di un futuro migliore

Sono migliaia, arrivano dal Bangladesh, dall’India dal Nepal e da altre zone disagiate del globo. Lavorano anche 14 ore al giorno, alcuni di loro sono morti per le condizioni di sicurezza precarie e ad altri è stato impedito di tornare nel loro paese. Sono questi solo alcuni dei soprusi subiti dagli operai che in Qatar stanno lavorando alla costruzione degli stadi che dovranno ospitare il criticatissimo Mondiale di Calcio del 2022. Secondo Amnesty International, l’organizzione non governativa che ha stilato un dettagliato rapporto sulla situazione lavorativa degli operai impiegati nelle opere di costruzioni dei nuovi impianti, la coscienza del calcio è indelebilmente macchiata di sangue: “L’abuso dei lavoratori migranti è una macchia nella coscienza del calcio mondiale. Per i giocatori e per i tifosi, uno stadio della Coppa del Mondo è un luogo di sogni. Per i lavoratori che hanno parlato con noi, può essere considerato un incubo“.

Queste le parole usate da Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International che ha contribuito a stilare il rapporto di denuncia di 51 pagine intitolato “Il volto orribile del bel gioco“. Ad alcuni di questi moderni schiavi che hanno partecipato alla costruzione del Khalifa International Stadium, le cui opere termineranno nel 2019 per ospitare i mondiali di atletica, sono stati imposti ritmi di lavoro schiavistici, altri non hanno percepito lo stipendio pattuito alla stipulazione del contratto e molti hanno dovuto lavorare gratis per mesi al fine di appianare i debiti sulla tassa d’ingresso nel Golfo (intorno ai 4.300 dollari). Raccapricciante la storia dei 7 lavoratori nepalesi che dopo il terremoto dell’aprile del 2015 sono stati trattenuti contro il loro volere trovandosi con i passaporti confiscati. Il comitato che organizza l’evento ha accusato la ONG di dare un’immagine fuorviante della situazione ma intanto la FIFA s’interroga sulle proprie scelte, alla luce delle condanne per corruzione dei suoi vertici, mentre i lavori a Doha continuano sotto il sole cocente del deserto.