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Doping: Iaaf sospende la Russia, a rischio i Giochi di Rio

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L’inchiesta della Wada sul doping di stato porta alla clamorosa decisione della federazione mondiale dell’atletica

La federazione mondiale dell’atletica leggera (Iaaf) ha sospeso con effetto immediato la Russia, sulla base della documentazione fornita dall’inchiesta dell’agenzia mondiale antidoping (Wada) sul caso di doping di stato.

La conseguenza più immediata del provvedimento è l’esclusione di tutti gli atleti e le atlete russe dalle competizioni internazionali, compresi i Giochi olimpici in programma a Rio de Janeiro il prossimo agosto. La Iaaf inoltre toglierà alla Russia l’organizzazione di manifestazioni internazionali sul suo suolo e a riassegnarle ad altri stati. L’inchiesta della Wada, firmata dall’ex presidente, il canadese Dick Pound, e scattata dopo le rivelazioni giornalistiche dell’emittente tedesca Ard, in sei mesi di lavoro ha portato alla luce le responsabilità del laboratorio antidoping di Mosca (responsabile dei controlli di oltre 20 discipline), al quale è stato sospeso l’accredito: il suo direttore Grigory Rodchenkov si è quindi dimesso.

L’inchiesta ha portato alla luce quello che è stato definito un vero e proprio doping di stato: un altro laboratorio non accreditato, sempre a Mosca e diretto dal georgiano Giorgi Gezhanishvili con sei dipendenti, veniva utilizzato per identificare in prima battuta gli atleti positivi o sospetti, evitando quindi che i loro campioni arrivassero a quello ufficiale. Distruggendo anche le prove delle positività. La Wada ha infatti scoperto che il laboratorio di Mosca ha intenzionalmente distrutto 1.417 test e che, potendo ospitare fino a 3.000 provette di campioni, nel giorno dell’ispezione ne furono trovate solo 3.000. Secondo le testimonianze raccolte, membri dei servizi segreti russi si sono infiltrati nelle strutture antidoping per intimidire e manipolare i risultati dei test degli atleti loro connazionali. Ovviamente questo getta una pesantissima ombra sui risultati dei russi anche ai Giochi invernali di Sochi 2014. Nelle 324 pagine dell’inchiesta si racconta dell’inesistente autonomia dei controllori antidoping nazionali, di test e di audizioni mancate, di atleti obbligati a doparsi per fare atletica di alto livello e di un relativo programma di assistenza a favore di chi viene pescato positivo, di pagamenti sotto banco, di corruzione, di tangenti, di minacce di morte.

Ovviamente non tutti gli atleti russi possono essere considerati dopati. E in questo senso è arrivato anche l’appello dell’astista Yelena Isinbayeva: “Squalificare dagli eventi internazionali e dai Giochi Olimpici di Rio atleti innocenti e non collegati con lo scandalo doping non è giusto. Spero nella saggezza dei leader della Iaaf. E credo che la decisione sarà corretta. I colpevoli pagheranno il loro prezzo, e gli innocenti avranno l’opportunità di competere e di rappresentare il nostro paese in maniera dignitosa nelle arene sportive internazionali“. Intanto, però, il ministro dello sport Vitaly Mutko, reagisce accusando a sua volta la Iaaf: “Dal 2008 o dal 2009 ha nascosto i risultati di 155 test, 15 dei quali riguardano atleti russi, e abbiamo informato la Wada che la nostra Federazione non c’entra. Come si può nascondere, per sei o sette anni, che ci sono dei risultati anomali? Noi non ne sapevamo nulla. Il presidente Vladimir Putin ci ha detto di fare tutto il possibile: analizzeremo e studieremo i fatti e se necessario metteremo su un sistema nuovo che goda della fiducia della comunità internazionale“.